Il buon Samaritano della Memoria che si prende cura del cimitero ebraico di Ostiano

A pochi giorni dalla Giornata della Memoria, l'Intruso Gilberto Bazoli torna a parlare con Giuseppe Minera, falegname in pensione, custode dell'unico cimitero ebraico della provincia.
Poco distante dall’Oglio, immerso nel silenzio e incastonato tra le cascine. Oltre la porta di legno, 41 lapidi, la più antica risale al 1812, la più recente è del 1943. Nomi come Rachele, Sansone, Abramo.  Giuseppe Minera, 60 anni, falegname in pensione, è il custode cattolico del piccolo cimitero ebraico di Ostiano (oltre a quelli di Viadana, Bozzolo, Pomponesco e Sabbioneta), l’unico della provincia di Cremona.
Ora, in via Montagnetta 22, ogni cosa è al suo posto.  “Ma quando sono venuto qui, nel 1987, ho trovato una situazione disastrosa, le tombe erano invase dalle erbacce, i rovi crescevano ovunque e le scritte funebri erano illeggibili”, ricorda. Sacrificando parte del suo tempo e senza mai chiedere niente in cambio, si è messo al lavoro.  “Prima ho ripulito tutto. Poi, in accordo con la Comunità ebraica di Mantova, proprietaria dell’area, ho sistemato i cippi e ridipinto le lettere incise”. Di tanto in tanto l’artigiano lascia la sua casa di Pralboino (Brescia) per sistemare il terreno. E, come domenica scorsa per il  Giorno della memoria, accogliere i visitatori e fare da guida lungo i vialetti.
Gentile, colto ma semplice, perfezionista, Giuseppe ha imparato l’ebraico ed è stato otto volte in Israele. Poi ha fatto la spola tra gli archivi di comuni e chiese, discusso con studiosi, incontrato testimoni.  “In questo modo ho potuto tradurre gli epitaffi e ricostruire le storie di coloro che sono sepolti qui. Ci sono anche i resti di italiani discriminati dalle leggi razziali durante il fascismo”. I discendenti di famiglie ricche riposano accanto ad appartenenti a famiglie povere. Grazie alle cure del suo guardiano, l’angolo verde è salvo, le sue pietre sono tornate a parlare.  “Perché lo faccio? C’è chi ha la passione del calcio, io quella di far sì che queste persone vengano ricordate non da morte ma per ciò che sono state da vive”.
Ho conosciuto Giuseppe nell’ottobre 2017. Da allora molto è stato scritto su di lui, anche il  ‘Times of Israel’ gli ha dedicato un lungo reportage definendolo un ‘buon samaritano’. Spente le luci, confidava timori e delusioni:  “Il muro di cinta è pericolante, chiedo da tempo il permesso di sistemarlo ma inutilmente”. In questi ultimi anni si è scontrato spesso con le lungaggini della burocrazia e l’apatia delle istituzioni. Ma ora la svolta sembra vicina.  “I problemi – rivela –  dovrebbero essere risolti, finalmente siamo a buon punto”.
Minera si è rivolto a un architetto esperto in architettura antica (sta restaurando dimore storiche, chiese, campanili), Giovanni Mambreani, che spiega:  “Gli intonaci del muro perimetrale si stanno sgretolando, in parecchie parti la sua ‘pelle’ si è staccata, si sono formate crepe, in alcuni punti mancano i mattoni. Bisogna fermare il degrado. Non sarà un mero rifacimento ma un intervento conservativo, preciso, chirurgico per salvaguardare un luogo dimenticato per tanto tempo. L’effetto finale non sarà un muro come se fosse nuovo. Verrà anche messo in atto un trattamento biocida per uccidere il muschio e i microorganismi che danneggiano i mattoni”. Il professionista bresciano si è già recato alla Sovrintendenza di Mantova (il cimitero è un bene vincolato).  “Mi sono stati dati gli indirizzi per predisporre la pratica, che consegnerò a febbraio”. Una volta ottenuta l’autorizzazione, cominceranno i lavori.  “L’inizio è previsto per maggio-giugno, la durata dovrebbe essere di 2-3 mesi”.
Minera ha quasi vinto la sua nuova battaglia.  “E’ stata dura, ma adesso sono contento”. E i costi dell’opera?  “Spero nelle donazioni, in un mio amico, nei parenti dei defunti”. La sua non è certo una pensione d’oro,  “ma, se ce ne sarà bisogno, contribuirò di tasca mia”. Ha ancora un desiderio:  “L’erba continua a crescere, occorre una manutenzione costante. Sarebbe bello se ci fosse qualcuno che mi dà una mano”. Un altro ‘buon samaritano’ della memoria.
Post scriptum. Giuseppe mi affida questa citazione di Nietzsche: “La cosa importante non è essere i primi a vedere qualcosa di nuovo ma vedere nuovo ciò che è vecchio, conosciuto da sempre e per questo trascurato da tutti”.
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