Quando lavorare in mezzo ai violini e alle note “è un’emozione unica”

Impiegata amministrativa, operatrice di sala, guida, maschera durante i concerti: sono le diverse sfaccettature del lavoro di Alessia Brusa, 29 anni, dipendente del Museo del Violino.

Vivere in mezzo alla note. “E’ un’emozione unica”. Impiegata amministrativa, operatrice di sala, guida, maschera durante i concerti: sono le diverse sfaccettature del lavoro di Alessia Brusa, 29 anni, dipendente del Museo del Violino. Un ruolo, il suo, dietro le quinte ma essenziale come quello di Beppe Premoli, il macchinista del Ponchielli. Da corso Vittorio Emanuele a piazza Marconi: il ‘viaggio’ tra le colonne nascoste delle istituzioni culturali cremonesi continua.
Eppure la parola musica non era scritta nel destino di Alessia, laureatasi all’Università per interpreti e traduttori di Trento nel marzo 2015. “Mi sono guardata intorno sino al maggio di quell’anno quando è arrivata la proposta di un tirocinio di 6 mesi al Museo del Violino. Ho accettato e non me ne sono più andata. Adesso mi sono avvicinata alla classica, ma allora non era ero un’appassionata. E’ successo tutto per caso”.
Alessia, che oltre al tedesco, il suo punto di forza, conosce l’inglese e lo spagnolo, ha cominciato facendo lavoro d’ufficio e collaborando all’organizzazione della Triennale, le ‘Olimpiadi’ degli strumenti ad arco. “Mi occupavo di aspetti della ‘macchina’ come le iscrizioni al concorso. E’ così che ho iniziato ad avere contatti con i liutai, specialmente quelli cremonesi. Come sono? Riservati, estroversi? Dipende da caso a caso. Hanno un loro mondo, affascinante. Ora sanno di avere in me un riferimento”. Alessia ha fatto un altro passo in avanti ed è diventata segretaria della giuria durante l’ultima edizione, quella 2021, della Triennale. “Un mese e mezzo intenso, dal 3 settembre al 13 ottobre, e impegnativo, un’esperienza indimenticabile”.
Contemporaneamente Alessia, che è anche segretaria di ‘Friends of Stradivari’ (il network internazionale di collezionisti di strumenti antichi), ha il ruolo di operatrice di sala, che significa sorvegliare le stanze del Museo del Violino e fare da guida a turisti e visitatori. “Mi ricordo la prima volta: ero in vacanza in Sardegna quando hanno chiamato per informarmi che, al rientro, avrei dovuto occuparmi di un gruppo di tedeschi. Ero abbastanza agitata, ma è andato tutto bene. Questa professione ha cambiato il mio carattere, ero molto timida, avevo paura di parlare davanti al pubblico”. Quella paura è stata vinta. “Ora parlo in continuazione, forse troppo, non smetterei più. In genere le persone credono che uno strumento sia uguale all’altro, è una soddisfazione spiegare come invece ognuno sia diverso, raccontare la sua storia e provenienza, svelarne le particolarità. Certo, ci vuole anche pazienza. Una domanda strana? Dunque… ecco: esistono violini per mancini? Ammetto che quella volta non ho saputo rispondere ma per il resto penso di essere preparata. La gente prova un’emozione ammirando questi capolavori, quell’emozione che ogni museo dovrebbe regalare e che il MdV sa donare”. Di turisti e appassionati, singoli, semplici famiglie o comitive, Alessia ne ricorda tanti. “Ma ad aprirmi il cuore sono stati, due settimane fa, i ragazzi disabili di Agropolis (la onlus di via Milano, ndr) La loro visita non era in programma. ‘Nessun problema, ci penso io’, ho detto loro. Poi li ho accompagnati attraverso le sale del Museo. Alle fine mi hanno ringraziato, abbracciato e chiesto di posare per una fotografia insieme”.
La giovane guida fa anche la maschera durante i concerti all’Auditorium Arvedi. “Allo Stradivari Festival ho potuto seguire l’esibizione del violinista Stefan Milenkovich, che avevo ascoltato anche al Ponchielli, in duo con il violoncellista Enrico Bronzi. Mi sono piaciuti, anche se i miei preferiti sono i complessi gospel”.
Alessia, che ha l’hobby antico della pallavolo (gioca a livello amatoriale nell’Urania) e quello recente delle riprese aeree con i droni, è contenta del suo lavoro, lo si capisce dagli occhi, con o senza mascherina; lo si percepisce dall’entusiasmo che ispira ogni parola. “Prima di venirci da dipendente non avevo mai messo piede al Museo del Violino. Come, purtroppo, succede per tanti cremonesi. A loro dico: male, non perdete questa occasione. Il mio futuro? Me lo immagino qui, amo questo mestiere, fare cose diverse, il rapporto con il pubblico, conoscere tanti liutai. Stare in mezzo alla musica è un’esperienza unica, non so se si può descriverla”. Poi saluta, sale la scalinata e torna di sopra, tra gli Stradivari, gli Amati e i Guarneri.

Alessia Brusa
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