Il docufilm ‘La memoria dell’Acqua’: una provincia che si riconnette con i suoi sogni lungo il Grande Fiume

L'Intruso Gilberto Bazoli alla prima al teatro Filo del documentario "La memoria dell'acqua" di Mattia Cabrini e Sol Capasso.

Teatro e cinema, città e fiume, giovani e meno giovani, speranze e ricordi, voglia di andarsene e senso di appartenenza, partenze e ritorni..Sono stati anche questi intrecci a riempire, mercoledì, il Filo per la prima
de ‘La memoria dell’acqua’, il docufilm sulla vita di provincia e lungo il Po, nato da un’idea di Mattia Cabrini, che ne è anche il produttore, diretto e montato da Sol Capasso.
“Questo lavoro è durato due anni”, ha detto, aprendo la serata, Cabrini. Il progetto originario si proponeva di rispondere a una domanda: cosa significa vivere in provincia? Ma l’oggi non può prescindere dal passato, il frutto, buono o cattivo, dalle radici. E il futuro, appunto, dalla memoria. Che, a Cremona, è imprescindibile dal Po e dai suoi abitanti.
“Tutti noi sogniamo qualcosa: una casa, un figlio, un lavoro – ha continuato Cabrini –.Il teatro aiuta a leggere la realtà e la realtà muta il teatro, c’è questo interscambio. Vale per un singolo, ma anche per una
comunità. La nostra provincia ha bisogno di riconnettersi con i suoi sogni, ho l’impressione che le siano stati sottratti. Shakespeare è un nostro fratello maggiore, come lo è Sofocle. Anche le persone che si raccontano nel cortometraggio sono nostri fratelli maggiori”.
Capasso, la regista, ha spiegato: “Siamo andati alla ricerca di una riscoperta di questo territorio. E’ stato come fare dei prelievi, ogni volto è simile a un ‘campioncino’ che contiene il tutto. In queste testimonianze c’è la storia del fiume”. Ma prima, meglio, insieme al fiume, è andata in scena la città, descritta, nel bene e nel male ma sempre con leggerezza, dal testo teatrale scritto e recitato da Ester Tolomini e Maddalena Parma, entrambe giovanissime. Pagine fresche, divertenti, a tratti commoventi, sulla loro Cremona, dove non puoi uscire con un ragazzo nuovo senza che tutti lo sappiano nel giro di un quarto d’ora. Cremona, che si fa amare e detestare, da cui fuggire ma che può anche diventare “la tua Milano o la tua Londra”.
Poi le prime immagini del documentario (un progetto di Compagnia dei Piccoli e Camarada Films, con il sostegno della Fondazione comunitaria) e, accompagnati dalle musiche originali di Fabio Gionfrida, altre storie, altri protagonisti. conosciuti o meno conosciuti. Come Giuliano Landini,
comandante della motonave Stradivari, che parla della siccità: “Sono 37 anni che faccio queste mestiere, ogni anno che passava si capiva che c’era sempre un po’ di acqua in meno”. O Armando Catullo, che fa da guida da una riva all’altra, e Mario Simonetto, eroico custode del crocifisso di Punta Cristo. E, ancora, Vitaliano Daolio e Roberta Panizza, coraggiosi inventori dell’Acquario di Motta Baluffi, con la loro delusione e la protesta inascoltata per l’assenza di “regole precise” sul fiume. Invece Federico Molinaro, al timone di un’altra motonave (la Mattei), è moderatamente ottimista: “Tanti si sono allontanati dal Po ma tanti si stanno riavvicinando. E questo dà speranza”. Un altro capitolo è dedicato ai riti antichi, come il Falò di Pescarolo, che depura e proietta verso l’anno che verrà, e i Canti della merla, con i cori che stoicamente mantengono viva questa tradizione. Il tutto avvolto dalle magiche atmosfere del fiume, dai
suoi silenzi, dalla sua poesia, i veri protagonisti delle immagini. Che, probabilmente non a caso, si concludono con l’orgoglio di Elena Marsiglia, giovane architetto che ha contributo e realizzare l’avveniristico impianto di risalita, unico nel suo genere, di Isola Serafini: “Da qualche tempo si sta risvegliando il legame con il Po. Prima era una risorsa da sfruttare, ora è una persona, un amico da cui andare”. Molti dei personaggi del documentario erano presenti in sala e sono stati applauditi calorosamente. Come lo è stato ‘La memoria dell’acqua’ con il suo messaggio: “Lungo il fiume si incontrano pesci e uomini che tentano di risalire la corrente per sopravvivere. Perché è la natura di questa gente”.

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