Claudio, colonna della Festa dell’Unità (terminata con successo): “C’è ancora bisogno di luoghi dove scambiarsi idee come si fa tra amici a cena”

La colonna della Festa cittadina dell'Unità, conclusasi lunedì all'ex Mercato ortofrutticolo, è una persona schiva che alle parole preferisce i fatti, ai riflettori l'ombra: il sessantasettenne Claudio Rebessi.

Attende all’ingresso del cortile deserto. L’inizio della serata tra gastronomia, musica e politica è ancora lontano, ma indossa già la ‘divisa’ vestita per dieci giorni: il grembiule e i guanti con i quali ha infilato nei sacchetti cinque pezzi di torta fritta a volta. La colonna della Festa cittadina dell’Unità, conclusasi lunedì all’ex Mercato ortofrutticolo, è una persona schiva che alle parole preferisce i fatti, ai riflettori l’ombra: il sessantasettenne Claudio Rebessi. Da una dozzina d’anni è il responsabile organizzativo della Festa dopo esserlo stato, in contemporanea e sino a poco fa, anche del partito. “Sono un po’ stanco, ma sto bene”.
Con lui e intorno a lui una settantina di altri volontari: veterani e giovani, iscritti o semplici simpatizzati. Chi in cucina, chi a servire tra i tavoli, chi al bar o negli uffici della direzione. “Ho cominciato a dare una mano al rientro dal servizio militare, nel 1976”. E da allora non ha più smesso. “Forse ho saltato un’edizione perché c’erano i figli piccoli”. Alle Colonie Padane, a Cà de’ Somenzi, al Cambonino. Altri tempi. “Ho visto Gianni Morandi, Francesco Guccini, anche Anna Identici”. Quel partito non c’è più ma Claudio nei vari tormentati cambiamenti di nome e nelle svolte della storia c’è sempre stato. La Festa alle spalle si è aperta il 19 agosto, però i preparativi sono cominciati ben prima. “Venivo ogni mattina, con altri volontari, per montare le strutture. Pausa all’ora di pranzo per il caldo e ripresa dei lavori sino alle 17.30-18. Ci siamo fermati solo la domenica e il lunedì di Ferragosto”. Quella 2022 è stata la Festa della ripresa dopo la sospensione, causa Covid, del 2021 e del 2020. “Mi chiedevo se i giovani che ci avevano aiutato nel 2019 sarebbero tornati. Per fortuna, è stato così. Tra loro ragazzi che studiano a Parma o Genova. Rivederli, con il loro impegno, è stata forse la soddisfazione maggiore. Quando siamo partiti, ero un po’ freddino. Poi ho toccato con mano che c’è ancora voglia di aggregazione. Non pensavo di trovare un gruppo con il desiderio, la passione di fare, di esserci”. Il big della manifestazione è stato Carlo Cottarelli. “È venuto in cucina, ha voluto conoscerci, mi è sembrato disponibile”. Rebessi non ha potuto ascoltare il dibattito con l’economista cremonese candidatosi per il Pd. “Ero di là, tra lo strutto e i salumi. Un altro dei miei compiti è il rapporto con i grossi fornitori. Venivo alle 8, a volte alle 7. Dopo un’interruzione dalle 13 alle 15, si andava avanti sino a mezzanotte”.
Sembrano passati secoli dai pienoni a base di salamelle e liscio, con i funzionari a tempo pieno del partito (non ci sono più nemmeno quelli) trasformati in ‘camerieri’. “Ma mi sembra che la gente senta ancora il bisogno di parlarsi, di scambiarsi idee, come si fa tra amici a cena. Ci sono persone che se non le intercetti in momenti come questi, poi non le incontri più”. I numeri gli danno ragione. “Le presenze, escluso l’ultimo giorno, hanno superato quota 7.000: per la precisione, 7202. La sera di Cottarelli abbiamo battuto, con 1.200 ingressi, il record del 2019”. Positivo anche il bilancio dal punto di vista economico. “Grazie alla ristorazione (rosticceria, bar, gelateria) abbiamo incassato, senza contare gli ultimi due giorni, 45.000 euro circa. Le Feste dell’Unità non hanno mai perso una lira pur senza guadagnare grosse cifre. Sono un contributo alla Federazione. Probabilmente sono rimasto uno degli ultimi a pensarla in questo modo ma, secondo me, l’organizzazione è una cosa fondamentale per una forza politica. Senza organizzazione non si dà alla gente la possibilità di avere uno spazio dove incontrarsi”. Uno spazio fisico, reale, che non sia quello, passeggero e virtuale, dei social. “Ecco perché faccio quello che faccio. E tanti altri come me”.
Compreso uno dei decani delle Feste, anche lui ai fornelli, al quale, durante l’ultima edizione, si è bloccata la schiena. È andato al pronto soccorso, anche se non ne voleva sapere di ospedali. Un’iniezione l’ha rimesso in piedi e un paio di giorni dopo, forte come una quercia, era ancora al suo posto, a occuparsi del pesce fritto. Le luci si sono spente ma dall’ex Mercato si levano ancora voci di uomini e rumori metallici. “Bisogna smontare gli impianti e portarli in magazzino. Ci vorranno una decina di giorni. Il vantaggio è che la sera si rientra a casa”.
Dall’anno prossimo si volterà pagina: non più via Dell’Annona. Dove allora? “Si sta valutando l’idea di tornare all’antico, alle Colonie padane, anche se mi sarebbe sempre piaciuto mettere in piedi la Festa nell’area delle piscine, il posto migliore per me. Ma non ci sono mai riuscito”. Ovunque si decida il trasloco, c’è da scommettere che Claudio sarà lì.

Claudio Rebessi alla Festa dell’Unità
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