“Chi non trova un senso non esce da tutto questo migliore”. Il cappellano dell’ospedale Don Lucini e il libro ‘L’amore salva ancora’

C'è tanto dolore ma altrettanta speranza nelle dieci storie segnate dal coronavirus che si dipanano lungo le 85 pagine di 'L'Amore salva ancora. Testimoni di guarigione' (edito da Teleradio Cremona Cittanova).
Il medico che pregava per ogni paziente deceduto “affidandolo alla Vergine Maria”. Il diario del malato, medico anche lui, che chiedeva l’olio degli infermi ma che allo stesso tempo diceva a se stesso: “Non posso morire, non posso morire avendo solo salutato da lontano Rosalia e Maria”, moglie e figlia. La caposala che ricorda: “Non so quante volte ho urlato il nome di Dio”. La dirigente che non dimenticherà mai “lo sguardo di alcuni operatori socio-sanitari che, contenti perché un degente iniziava a stare meglio, lo vedevano poi spegnersi dopo due ore”. L’assistente sociale i cui “genitori sono stati ricoverati insieme nel giorno del compleanno del mio papà, il 24 marzo 2020. Insieme sono partiti in ambulanza e nessuno è tornato. Mio papà non l’ho più visto e mia mamma l’ho vista solo con le videochiamate”. Le due infermiere che, con le loro colleghe, si sono inventate lo ‘sportello telefonico’, il servizio “attraverso il quale i famigliari potevano chiedere informazioni cliniche sui propri cari”. Un altro infermiere che doveva andare in pensione ai primi di luglio e che, il 2 aprile, è stato ricoverato: “Sabato Santo. Quella notte ho creduto che avrei potuto non farcela. La mattina di Pasqua ero ancora lì”. L’addetta alla camera mortuaria che sente ancora “le parole dei parenti sconvolti dal dolore, ma composti e rispettosi delle regole”. I sogni che un impiegato rammenta di aver fatto mentre era intubato e il capitolo finale sulle monache Domenicane del monastero di San Sigismondo, costrette a “pregare in solitudine, isolate le une dalle altre. Non era mai accaduto fino ad ora, neppure in tempo di guerra”.
C’è tanto dolore ma altrettanta speranza nelle dieci storie segnate dal coronavirus che si dipanano lungo le 85 pagine di ‘L’Amore salva ancora. Testimoni di guarigione’ (edito da Teleradio Cremona Cittanova), il libro di don Maurizio Lucini, 51 anni, incaricato diocesano per la Pastorale della salute e, dal 2008 uno dei cappellani del Maggiore.
L’appuntamento con don Lucini è nella chiesa dell’ospedale. A marzo, un’altra chiesa, quella dell’obitorio, era piena di bare che non si sapeva dove sistemare. Il sacerdote in camice bianco, padre spirituale dei seminaristi, lascia ogni giorno via Milano e arriva al nosocomio alle 9, dove rimane sino alle 12. Il martedì si ferma anche il pomeriggio e il venerdì pure la notte “per dare sollievo all’altro cappellano”. E’ assistente spirituale dell’Hospice e degli Infettivi ma la domenica si reca anche nelle altre corsie per distribuire la Comunione. Come ha fatto durante la prima ondata della pandemia “quando tutti gli schemi sono saltati e si andava ovunque perché c’era un unico reparto Covid. In quel periodo ho ricevuto conferme su quanto sia potente l’accompagnamento spirituale. Un paziente mi ha detto: se lei entra nella mia stanza e resta lì senza parlare, per me è già tanto. Le medicine vanno bene, ma non sono sufficienti”. Don Maurizio è un contagiato che parla di altri contagiati. “Non avevo problemi di respirazione, sono restato in quarantena a casa, non ero angosciato, ma ho vissuto una paura di tipo psicologico: la malattia degenererà? Cosa accadrà?”.
L’idea del volume (prenotabile alla mail prenotazioni@teleradiocremona.it o al numero 0372- 462122, reperibile presso le Paoline di Cremona, la libreria Il Seme di Casalmaggiore e quella del Santuario di Caravaggio: il ricavato verrà devoluto alla Borsa di S. Omobono, il fondo gestito dalla Caritas) è nata alla fine di settembre. “Ci eravamo illusi che la burrasca fosse un po’ passata e ci siamo detti che non dovevamo dimenticare, soprattutto come assistenti spirituali”. Con Angela Bigi, responsabile del settore Risorse umane dell’Oglio Po e da alcuni anni ministro straordinario dell’Eucaristia, “abbiamo raccolto e messo insieme gli scritti di persone (medici, pazienti, infermieri) che conoscevamo e che erano state colpite duramente dal Covid ma sono guarite. Non si tratta di interviste, non ci sono domande. E questo, mi pare, rende più genuine, più belle le loro testimonianze. Abbiamo voluto dare una visione di una parte di ciò che successo perché le cose drammatiche le abbiamo già viste. Il nostro intento era scoprire in tanta oscurità le perle nascoste, le luci che dimostrano la potenza dell’umano come la spiritualità, la fede, la tenacia. E’ nella prova che emerge la grandezza umana. Chi non trova un senso non esce da tutto questo migliore, ma devastato. Resistono coloro che riescono a dare un senso a questa esperienza”.
Scrive nell’introduzione don Maurizio: “Senza cadere in smancerie, oserei dire che queste sono storie di amore. E’ l’amore ricevuto in tanti modi dagli operatori e dai famigliari”. E “la salute non dipende soltanto dall’efficienza delle cure mediche e dalle tecniche adottate, ma da un’attenzione integrale all’uomo, compresa la sua dimensione spirituale”. C’è un’altra lezione, spiega nella piccola stanza della grande chiesa, che il prete dei malati ha imparato: “E’ come se questa situazione avesse svelato ciò che c’è dietro il palcoscenico. Cosa rende bella la scena in un teatro? Sono le corde, le aste, i camerini, i luoghi che sembrano sgabuzzini e che invece reggono tutto quanto. Il virus ha fatto crollare il palcoscenico e svelato ciò che tiene in piedi la vita”. Con le altre ondate Covid “l’allestimento scenografico riprenderà, ma non dobbiamo mai dimenticare che dietro c’è l’amore, con le nostre fragilità e le nostre paure. E’ questa la verità dell’uomo”.
Lunedì scorso don Maurizio è stato vaccinato. “Una puntura veloce, niente di particolare. Ho sempre fatto anche l’antinfluenzale. Visto che sono stato contagiato, ho chiesto a un’infettivologa se era il caso. Mi ha risposto che non ci sono controindicazioni, che il vaccino muta e sono comunque trascorsi diversi mesi dalla mia malattia. Sciolti questi dubbi, ho detto di sì. I perplessi e i contrari al vaccino? Consiglio di farlo, non solo per la propria sicurezza ma anche per quella degli altri”. Squilla il cellulare: è una signora in cerca di notizie su una ricoverata. Don Maurizio chiede scusa per l’interruzione, si apparta e trova le parole buone per rinfrancarla.
Don Lucini nella Chiesa dell’ospedale
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